La vita di una mamma è un sali e scendi tra gioie, ansie, emozioni e pensieri. Alcuni giorni sei in discesa con il cuore a mille, altre sei in salita, con la testa che scoppia.

Diventare mamme rivoluziona le prospettive e le priorità: spesso ci si dimentica di chiedere a se stesse “come sto”, ma quasi mai ci si scorda di domandarsi “starà bene mio figlio?”.

La preoccupazione per una crescita serena.

Per quanto mi riguarda, questa è la mia paturnia numero Uno. Paturnie, mi piace chiamarle come Audrey in colazione da Tiffany, le rende più chic.

Così, ogni volta che mi arrabbio, che perdo la pazienza, che urlo come una pazza esasperata ( e non sempre dal comportamento dei miei figli, ma dal contesto), quando faccio e dico cose con loro e per loro, la mia domanda preoccupata è sempre questa:

Quale impatto avrà sull’adulto che domani mio figlio diventerà?

Questo pensiero mi condiziona non poco: a volte mi inibisce e confonde. Sgrido e poi, chiedo scusa, per esempio.

Ho parlato di paturnia numero uno, quindi ora vi presenterò  la paturnia numero Due, che poi, è quella che ha ispirato il mio post di oggi. È arrivata quando sono diventata mamma per la seconda volta ed è questa:

Quanto sto riuscendo a essere “al centro?

Cosa intendo con “essere al centro”?
Semplicemente essere presente per entrambi in modo bilanciato.
Riuscire a esserci per i miei figli, modulandomi sulle loro esigenze.
Così semplice, che, forse, nemmeno sono riuscita a spiegare bene cosa intendo.
Perché non è per niente facile rimanere focalizzati perfettamente sulle esigenze di ciascun bambino, senza, in qualche modo, trascurare, anzi no, posticipare, quelle dell’altro.
Un loop mentale e fisico, si perché alla fine bene che ti vada, tu sei una e loro due.
Inevitabile perdere dei pezzi.


Se però, è così ovvio, è così “fisiologico” (salvo clonazione), perché emotivamente è così doloroso?

Sì, doloroso, perché vi assicuro che fa male, almeno a me lo fa eccome. Già dal mio ritorno a casa con mia figlia tra le braccia: non scorderò mai gli occhioni del mio piccolo quasi dueenne allora, che mi guardavano come a dirmi:”perché mi hai tradito”?. Sì, sembrava proprio un fidanzato tradito.
Ancora oggi, a distanza di quasi due anni, quando allatto una, l’altro si morde le mani, quando ho in braccio uno, l’altra sgomita e piange per venire in braccio a sua volta, se li prendo entrambi non va bene.

Ognuno vuole la mamma tutta per sé. Con ragione.

Ho recentemente scritto di condivisione (se vi va date una letta qui): beh, ecco questo, in caso di fratelli, la condivisione per eccellenza: quella della mamma.

Ci sono giorni in cui questo ago che si sposta o esageratamente da un lato o dall’altro, pesa tanto, ma proprio tanto sul cuore. Fa sentire inadeguate, nonostante si cerchi sempre di fare bene.

È che ci sono situazioni in cui è inevitabile “sbilanciarsi” ( mi viene in mente, pensando a un’amica, all’inserimento al nido di uno, a discapito dell’altro che invece, è già da più tempo  che va all’asilo. Ci sta che il più piccolino abbia per un certo periodo più attenzione) .

Allora, per esempio, si cerca di allattare una e mandare baci all’altro, prendere in braccio uno e, nel mentre, accarezzare la testa dell’altra.

Dire frasi amorevoli macchiate di senso di colpa. Fare cose amorevoli macchiate di senso di colpa.

Spesso sono queste le due soluzioni che trovo, ma non funzionano, perché in un certo senso, fare qualcosa per uno e immediatamente se non contemporaneamente, bilanciare facendo qualcosa “al volo” per l’altro, non fa che confermare agli occhi dei tuoi figli, che hanno ragione a sentirsi “trascurati”. Inoltre, anche come mamma non mi sento un granché: sto in effetti nel mezzo, ma alla fine senza essere né di uno né dell’altra, ma solo del senso di colpa che mi stringe la gola (anche su questo ho già parlato qui).

E che caspita, allora?
Vi porto la mia pura e semplice esperienza di vita, come sempre e vi dico che, l’unica cosa che davvero funziona, che fa bene al cuore dei  figli e dimamme è questa:

Dedicare tempo esclusivo a ciscun figlio.

Passare del tempo da sole con uno di loro, a turno.

Possibile se ci sono i nonni disposti a tenere il fratellino o la sorellina per qualche ora, o il papà. Possibile se uno va alla materna e una resta ancora a casa (e tu, mamma, come nel mio caso, ancora non lavori); possibile se si ha un qualsiasi aiuto che ci consenta di stare soli con uno dei nostri figli per qualche ora. A turno.

Non è che serva una giornata intera per forza (beh, quando ci riesco è il top), basta un po’ di tempo in cui svolgere insieme qualcosa che diverta, che faccia ridere, che faccia sentire al centro vostro figlio. Una cosa che ci chiede di fare da tempo. Proprio qualche giorno fa, Mattia ed io ci siamo fatti un bel giro su uno di quei bus turistici “senza il tetto”, come dice lui.

Tralasciando gli ovvi benefici per i nostri piccolini, vi dirò che dedicare tempo esclusivo, fa molto bene anche a noi mamme. IL cuore diventa più leggero, ci si diverte e soprattutto, si guarda davvero il proprio figlio, senza avere paura di scatenare gelosie, di non essere equa. Lo si stringe al petto ogni volta che si vuole, si ci dedica totalmente a lui e questo, spesso è una scoperta: riesci a vedere davvero tuo figlio.

Ametto di non riuscire a farlo quanto vorrei, ma quando riesco, mi sento la migliore mamma del mondo!

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