Al liceo, ho un vago ricordo, tradussi dal latino una versione di Seneca: una frase in particolare mi colpì. In sintesi, il senso era questo: puoi cambiare luogo, ma se dentro hai qualcosa, lui verrà con te.

Come dire, se hai un problema e scappi in Uganda, non è che questo si risolve come per magia. Magari all’inizio gioverai del cambiamento, ma senza affrontare i demoni che hai dentro di te, prima o poi, di nuovo ti troverai a voler cambiare di nuovo luogo.

È come sei, non dove vai: il punto.

Che io sia un’anima tormentata mi era chiaro dall’età di 12 anni, forse anche prima, quando affranta mi interrogavo del perché non avessi più voglia di giocare. Una delle mie prime svolte consapevoli di un cambiamento imminente in me.

Di strade tormentate nella mia anima ne ho percorse molte da allora. E tutte sempre cercando di trovare in me risorse nuove, insegnamenti, ma soprattutto dandomi delle risposte.

Il gioco si fa sempre più duro, più cresco (dopo i 35 anni ho sentito dire che non si usa la parola invecchiare), più le strade sono contorte. Io speravo di migliorare. Anche perché mi sento spesso dire che raggiunta una certa, si diventa consapevoli e questo da una pace dei sensi incredibile: della serie, ma chi se ne frega.

Non lo so, io invece sto facendo l’esatto contrario: sembra che il giudizio altrui sia molto più importante del mio stesso giudizio.

Mi ritrovo così spesso a chiedere scusa. Non so nemmeno bene io per cosa.

La parola scusa, mi ha detto Mattia, è una delle mie preferite

La parola scusa è una delle mie parole preferite, mi ha detto Mattia l’altro giorno, a evidenza del fatto che i nostri figli ci osservano, imparano e ci imitano.

Così mi sono fermata un attimo.

La parola scusa, ho detto poi a Matty, è un tesoro grande, un dono che puoi fare a te stesso, essendo in grado di chiederlo e a chi ti sta vicino. Proprio per questo, non va detta per qualunque occasione. Bisogna donarla a se stessi e agli altri quando è davvero giusto farlo.

Questo per me, che mi trovo spesso a guardarmi e ad agire con gli occhi di chi a sua volta mi guarda, che cerco di fare sempre meglio, di incastrare le da me supposte esigenze di tutti in un equilibrio perfetto, è molto difficile.

Sono il classico caso che se viene urtata da qualcuno che le viene palesemente addosso, chiede scusa.

Scusa perché non sono come penso tu mi vorresti

La vera domanda, però, dovrebbe essere: tu come vorresti essere Federica?

Scusami tu, Federica, perché non ascolto davvero la tua voce.

Perché poi, può anche succedere che quello che sei non piaccia a tutti, ma alla fine, il primo passo, per fare davvero la cosa giusta, per dire scusa quando davvero è il caso di dirlo e non per il semplice fatto che tu esista e occupi spazio nel mondo, è quella di essere amica di te stessa per prima.

Io questa cosa la so, l’ho imparata crescendo, la vedo in chi mi sta vicino, ma non riesco bene ancora ad applicarla a me stessa.

Del resto, pure Freud disse che L’autoanalisi non è possibile…

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