Da quando sono mamma, la nostra TV è sintonizzata sempre e solo su canali da under quattro: Rai Yo Yo, Fresbee, Cartoonito e via dicendo. Questo ha i suoi pro, posso fare lo struzzo e non pensare che, in fondo, viviamo in un mondo bruttino (il TG mi distrugge), ma anche i suo contro, per dirne una: le musichette insistenti che fanno da sottofondo ai cartoni.

Vi potei fare un elenco infinito, a partire da Masha e Orso ad arrivare a lui; Daniel Tiger.

Ve lo giuro, ogni volta che sento quella canzoncina che fa “è davvero una bella giornata, l’ideale per essere amici…”, darei fuoco alla TV.

Sarà anche la voce che gli hanno dato, – nell’ultima stagione è diversa, ma forse è anche peggio della prima – a renderlo un pò insopportabile. E poi, le suddette canzoncine cantate a ripetizione e pure, in modo stonato.

Eppure, quando vado oltre a questo primo momento di rifiuto, (anche perché mia figlia lo adora), trovo il lato positivo di questo tigrotto, (che non è solo la pace in casa per venti minuti):

insegna a riconoscere, verbalizzare e gestire le emozioni. Parla di sentimenti quali l’amicizia, l’amore. Parla di autostima: ho in testa sempre una delle sue canzoni che fa “mi piaci, mi piaci, mi piaci così come sei?”.

Calcolando che Peppa fa sempre la maestrina, calcolando che Masha è una combina guai perenne, calcolando che  sono un’ emotiva cronica, insomma alla fine Tiger non è male.

Saper riconoscere le proprie emozioni

Perché spesso, sembra un atto banale il sapere dare un nome a ciò che stiamo provando, ma forse, non lo è proprio, visto che, altrettanto spesso, ci sentiamo confusi. Ed è un qualcosa che ci lascia smarriti, frustrati.

Quanto è già fare un passo in avanti, invece, riuscire a riconoscere il proprio stato d’animo nei momenti in cui ci sentiamo in una fase conflittuale, che ci preoccupa?

Pensiamo alla sindrome premestruale. La sindrome dell’ambivalenza per eccellenza. In quei giorni, noi donne le proviamo tutte, angoscia, tristezza, gioia, rabbia…e il bello è che le proviamo contemporaneamente.

A me destabilizza parecchio: un’ora sono incazzata, un’ora sono depressa, l’ora dopo ancora sono entrambe le cose insieme. Un “avrei voglia di, anzi no, non ho voglia di niente”.

Il caos.

Il non sapere bene cosa stiamo provando, ma esserne comunque travolti.

Non è che sia bellissimo, no?

Ecco, ora immaginiamoci un bimbo di un anno, due, che si sente travolgere da un qualcosa di più forte di lui e non ha ANCORA, gli strumenti per riconoscerla in autonomia e per farsi le proprie ragioni.

Il pianto, le urla, sono i suoi unici modi. E spesso, viene pure rimproverato come bimbo capriccioso.

Bene. Ora lo so che dal punto di vista di un adulto, disperarsi per un “no le patatine non te le compro”, sembra assurdo, però mettiamoci nei suoi panni, per lui è una frustrazione, è un problema grosso, come per noi lo è non poterci permettere ciò che desideriamo, prendere una multa, non poter fare una cosa che avevamo programmato e via dicendo.

Per questo, ho sempre dato una grandissima importanza al fatto che i miei figli imparassero a riconoscere i propri stati d’animo e che crescessero senza aver paura di mostrarlo.

Piangere è da femmine, da deboli…

No, per me piangere è da coraggioso, da forte.

Non aver paura di mostrarsi più vulnerabile. Cosa c’è di più coraggioso, scusate?

Saper dire sono triste, sono contento, mi sei mancata.

Saper dire ti voglio bene.

Su questo, lo ammetto sono forte.

I miei figli, entrambi hanno iniziato presto a dare un nome alle proprie emozioni:

Mamma mi sei mancata

Sono arrabbiato

Sono spaventato

Sono contento

Sono…

Ogni volta che me lo sento dire ne sono orgogliosa, perché mi rendo conto, che mostrando ai miei bambini ogni giorno le mie emozioni, loro imparano a riconoscere le proprie.

Mamma mi sei mancata, perché io per prima, tornando a casa lo dico ai miei figli.

Daniel Tiger può darci una mano

Daniel Tiger parla di emozioni. Un continuo “martellamento”di canzoncine che ti dicono: se sei arrabbiato conta fino a 4, se hai bisogno chiedi aiuto, di ti voglio bene alle persone che ami, gli amici si aiutano.

Parla di ambivalenza, come quando Daniel vorrebbe tanto salire sulla ruota panoramica, ma ha anche tanta paura ed è combattuto.

Parla di gelosia tra fratelli.

Di condivisione delle proprie cose. Dell’ igiene personale.

Soprattutto insegna che, tutte queste situazioni ed emozioni, che possono spaventare e disorientare, sono in realtà normali. Mostra anche come è possibile affrontarle, da soli o chiedendo aiuto ai più grandi.

Ed è per questo, Caro tigrotto, che ho deciso che ti sopporterò ancora per un po’!

Un giorno, però, mi spiegherai perché sei l’unico senza mutande e pantaloni?

2 commenti

  1. Mi ritrovo molto in quello che scrivi su Daniel Tiger dalla sua musichetta così martellante che, anche se odiata, alla fine riesco a canticchiare allegramente, all’importanza del linguaggio delle emozioni e dell’emotività. A volte mi chiedo, avrò fatto bene ad educarli così sensibili ed empatici?

    1. Sai che capita anche a me, di pormi la tua stessa domanda? Eppure non potrei fare altrimenti. L’empatia in qualche modo, ti ripaga sempre. Saper riconoscere o almeno provarci, le emozioni che si provano, senza aver paura di affrontarle ed esprimerle, secondo me è una marcia in più.
      P.s. la canticchio anche io e non solo quella ahahah

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