In questi giorni ho pensato molto. Si, anche i miei due neuroni ogni tanto lavorano. Ho pensato all’allattamento dopo i sei mesi, ho pensato alle esigenze dei nostri compagni o mariti, ho pensato a quello che sto “combinando” con i miei figli.

In una sola parola, anzi quattro:

mi sono messa in discussione.

Non so voi, ma per me le mezze misure non esistono, dunque, quando discuto con me stessa, discuto pesante e su tutti i fronti.

Visto che però, il mio post non può essere infinito e nemmeno diventare una telenovela sullo stile “Milagros” (ve la ricordate Grecia Colmenares?), ecco ho deciso di concentrarmi, indovinate su cosa? Anzi su chi? I figli.

Avere due figli, alcuni dicono, è una scelta coraggiosa, basti pensare che se niente niente osi dire che ne vorresti un terzo, la reazione più comune è:” ma no basta! Poi tu (nel mio caso) hai fatto la coppietta cosa vuoi di più?”.

Si, perché avere due figli non vuol dire che la situazione si duplica, direi piuttosto che si moltiplica in maniera esponenziale.

Se poi, già con uno, senso di colpa è uno dei tuoi migliori “nemici”, con due beh, li proprio diventa una cosa del tipo che ci vai a braccetto tutto i santi giorni. Andrà a carattere, ovvio, non sono qui per dire che ho la scienza infusa e che per tutti è così, però credo di non dire il falso, se affermo che almeno una volta al mese anche qualcuna di voi lo ha provato.

Il senso di colpa? Cosa cazzo serve? Chi cazzo lo ha inventato? Perché esiste?

Se ci ragioniamo a mente fredda, non serve proprio a niente. Quando ti sale, nove su dieci l’azione “incriminata” l’hai già fatta.

Mi sento in colpa perché ora il mio primogenito soffre la presenza della sorella/ fratello. Quindi? Facciamo sparire il fratellino in questione? Eh no, perché c’è un’altra caratteristica infima del senso di colpa: la cosa che te lo scatena, la volevi eccome. Nel caso del secondo figlio, lo hai desiderato eccome (in linea di massima, non mi soffermo sulle eccezioni).

Ecco allora cosa serve stare male e sentirsi in colpa?

Già, me lo domando anche oggi, dove la mia esperienza di mamma di due è a un livello più avanzato dei primi mesi, eppure non me ne sono ancora liberata.

La chiave di tutto è questa: la mamma è una, loro sono due, tre, quattro… insomma viene già da sè che è matematicamente impossibile spaccarsi perfettamente a metà. Se devi allattare uno, non è che puoi staccarti una tetta, dargliela e correre dietro all’altro per fargli un panino. Dividersi esattamente a metà. Voi ci riuscite? Io no.

Sarebbe allora utile, dedicare del tempo esclusivo a ciascun figlio. Certo. Verissimo, ma QUANDO?

Ecco un’altra rottura di scatole: il tempo.

Allora io per esempio, sono una di quelle mamme che tra le due gravidanze consecutive, maternità obbligatoria, facoltativa e poi, aspettativa e infine, disoccupazione, sta da sempre 24 ore su 24 con i propri figli. Niente nido, solo materna per il più grande, da settembre scorso.

Per quanto mi riguarda sono fortunata, me li godo in tutto e per tutto.

Eppure per quei pochi mesi che ho lavorato, in cui come tutte mi dividevo tra tutto: famiglia , casa, ufficio, sono giunta a una conclusione, che poi non è altro che scoprire l’acqua calda: non è detto che più quantità corrisponda a più qualità. In realtà a volte la quantità di tempo passata sempre a cottimo, in stretta sorveglianza e modalità multitasking (pulire, riordinare, lavatrici, spesa, cucinare, giocare, ecc), corrisponde semplicemente a esasperazione. Di quelle che a un certo punto se tuo figlio ti dice mamma posso accendermi una sigaretta, sei talmente a tappo e non più pronta a sopportare l’ennesime urla, che potresti anche rispondere di sì!

Ovvio che è un esempio estremo e improbabile, il mio, ma rende bene il livello di saturazione che si raggiunge.

A volte quindi, avere lo stacco dell’ufficio, può aiutare a rendere qualitativamente migliore il tempo trascorso con i nostri piccolini. Si torna a casa con la voglia immensa di farsi le coccole, di giocare, di sentire le urla, di stare insieme. Si, ma poi, in realtà non va bene nemmeno così. Perché? Perché c’è il senso di colpa anche lì. Tadaaaa!

Tutto il giorno fuori e non dedico abbastanza tempo ai miei figli, sempre di corsa, da incastrare mille cose. Ecco il mantra della mamma lavoratrice.

Quindi? Non c’è soluzione?

No no la soluzione c’è: meno paturnie, più improvvisazione.

L’amore che dedichiamo non si misura dal numero di abbracci e di baci. Si misura anche dal gesto stanco di una mamma che ce la mette tutta per fare del proprio meglio. Per accontentare i figli, i compagni e diciamolo, anche se stessa.

Una cosa però, dovremmo farlo tutte: mandare a fanculo il senso di colpa!

1 commento

  1. VaffXXXX al senso di colpa dovrebbe diventare una vera e propria filosofia di vita … a volte siamo noi donne le peggiori nemiche di noi stesse per le nostre aspettative esagerate ! E in fondo ai nostri figli andiamo bene proprio così come siamo … 🙂

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