Molte mamme come me, in questi giorni, sono alle prese con l’inserimento dei propri bimbi all’asilo.

Il mio ometto, come sapete oramai, ha due anni e mezzo, non è mai andato a nido e quindi, il nostro è un viaggio nuovo. Un viaggio, tra l’altro, che un po’ ci piace e un po’ no: ci si sveglia al mattino, Mattia piangendo perché non vuole andare all’asilo e io consolandolo e convincendolo che, invece, è il posto piú bello del mondo. Ci vestiamo sempre immagonati, per poi uscire di corsa e tornare a sorridere. Facciamo un gioco lungo il tragitto (a piedi sono cinque/dieci minuti) e poi ci si saluta davanti alla classe con tanti baci e coccole. Me ne sto ancora nascosta con Amalia due minuti: lo sento sereno e quindi, anche noi, contente ce ne andiamo.

L’inserimento. Due, tre, quattro ore tutte per noi mamme, o quasi, ore che diventeranno anche sei e a cui con gradualità ci dobbiamo abituare.

Capite bene che, dopo quasi tre anni di giornate intere a due e poi, negli ultimi nove mesi a tre, (sì c’è Amalia, meno male!), ritrovarsi improvvisamente senza un tornado per casa per alcune ore, è una bella differenza.

Ecco il punto di vista da cui oggi lo voglio guardare. Mi spiego meglio.

noi due

Per chi come me ha un bel cordone ombelicale che non si è reciso del tutto al momento del parto, lasciare andare i propri cuori per il mondo è doloroso. Non voglio di certo dire che per altre invece, non lo sia. Solo mi reputo uno dei casi più disperati. Se poi aggiungiamo le due lacrimuccie con cui Mattia va all’asilo al mattino, la cosa si complica anche un po’.

Per questo motivo, io dico spesso, l’inserimento serve alla mamma. O, quanto meno, a me.

Certo, sarei ipocrita a dire che non mi piace avere la mattina libera per fare le mie cose, stare in esclusiva con Amalia, la più piccola di casa, fare la spesa con calma, riordinare senza dividermi tra uno straccio e due giochi. Posso pure dedicarmi alla scrittura senza rubare ore al sonno. Allo stesso tempo, però, sento questo vuoto, questo piccolo strappo, questa prima grande fessurina.

A volte non servono molte parole per esprimersi. Basta osservare il proprio comportamento. Per questo stamattina mi sono messa davanti allo specchio e sapete cosa ho visto? Una mamma contenta che il proprio figlio sia a giocare con altri bimbi, che sia a imparare cose nuove, una mamma sollevata perché pensa all’asilo come un aiuto per fare meglio. Una mamma contenta per qualche ora di tempo. Poi ho guardato meglio e dietro ho visto un’altra mamma, quella nascosta, ma che si esprime a gran voce. Quella che da quando Mattia ha iniziato la materna, non è stata una sola mattina in casa. Si certo, la libertà di prendersi il caffè in santa pace facendo anche due chiacchiere, ma quando in una mattina sono almeno quattro le persone con cui a rotazione ti sei fermata a prendere un caffè, io che poi non lo amo per niente, al punto di ritrovarti a prendere il caffè anche dieci minuti prima dell’uscita da scuola, allora lí sí che una domanda me la sono posta. Mi è venuta cosi in mente la prima notte in cui mia sorella, piú piccola, ha dormito nella sua nuova casa con suo marito. Io me ne sono andata di casa qualche mese dopo. Quella sera passando davanti alla sua camera e vendendola vuota, mi sono fermata un attimo. Poi senza aprire bocca mi sono precipitata in camera.mia e ho spostato tutto e dico TUTTO, in camera sua, che, da quel giorno è diventata la mia. Ecco avevo riempito il vuoto che non riuscivo altrimenti a tollerare.

Ho agito, acting out.

Adesso con Mattia alla materna faccio la stessa cosa: non faccio altro che riempire il vuoto con una marea di caffè e di chiacchiere.

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Anche la scelta del caffè non è casuale. Vorrei sapere se c’è qualcun’altra al mondo come me, che non appena ne beve uno incomincia a vedere la vita piena di fiori e di gioia. Posso essermi svegliata malissimo, che non importa: giú il caffè su il sorriso. Automatico. La cosa non mi dispiace, se non fosse che divento anche iper attiva e logorroica. Si salvi chi può! Si mi manda proprio in botta.

Alla fine, sono una mamma preoccupata. Una mamma che si chiede come sempre, se la scelta fatta sia quella giusta. Mandarlo prima dei tre anni. Una decisione quasi obbligata, io che grido sempre che le scelte devono essere fatte in base ai segnali lanciati dai propri figli. Questa volta ho guardato sì lui, ma anche il lato pratico e perché nasconderlo, anche quello economico. Starà bene? Penserà di essere abbandonato? Le maestre saranno all’altezza?

Iscrivere Mattia in una scuola statale, l’unica della mia città che nel pubblico prende gli anticipatari, significava anche non essere costretti a rivolgersi a una scuola privata, quando tra qualche mese riprenderò a lavorare. Il mio stipendio al 30% di questi mesi, un po’ si fa sentire.

Altro punto su cui mi sto interrogando: il fatto di vedere andare via me e Amalia insieme, lo farà soffrire? Certo che sì! Allora cosa gli dico? Una bugia? Cioè che anche lei va all’asilo? No, ho sempre ripromesso a me stessa di rispettare Mattia e dirgli la verità. In fin dei conti però, dirgli che io vado in ufficio e Amalia dai nonni, non sarebbe una bugia vera e propria, solo anticipare i tempi, per fortuna mia solo con le parole aggiungerei. Non lo so, questo è un punto ancora aperto per me.

mamma e Mattia

Con oggi è passata una settimana esatta, Mattia è stanco e anche io, ma quando sono andata a prenderlo prima di pranzo, eravamo tutti e due più sereni. Io sono riuscita a stare a casa qualche ora e lui a non invocarmi a metà mattinata. Sarà l’aria del week end, sarà anche che piano piano iniziamo a prendere le misure con questo nuovo spazio per noi, dove per la prima volta non siamo insieme. Alla fine, stiamo scoprendo una nuova routine, un nuovo modo di stare insieme. Stiamo scoprendo la gioia immensa di ritrovarci.

Care mamme, sono un caso umano io?

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