Forse, per la prima volta, sarò costretta a pensare giorno per giorno.
Per la prima volta, dovrò sul serio imparare a vivere nel presente, senza andare avanti, come la mia mente è solita fare dacché sono nata.
Quanto è difficile, però?
Non posso fare a meno di pormi mille domande, su come sarà la vita di noi tutti nei prossimi mesi e, a tutte mille, cerco una risposta, ma non le trovo da nessuna parte.
Quando potrò rivedere, abbracciare, coccolare i miei?
Quando i miei figli potranno ridere di nuovo con i nonni, senza farlo davanti a un display? Quando un bel pigiama party dalla zia?
Quando potremmo stare insieme agli a amici, andare in campagna, o fare una passeggiata ovunque si voglia…
Quando torneremo a non avere paura?
Come faremo senza la scuola, o con la scuola a distanza? Senza le risate e le urla scatenate dei bimbi che si rincorrono al parco…
Non lo so.
Non lo so proprio.
Allora, per non impazzire, mi sono detta: bisogna vivere oggi. Adesso.
Non c’è altra soluzione.
Quando finirà tutto questo e potremo tornare alla vita di prima?
Io credo, che comunque vada, molte cose sono cambiate per sempre. E no, per ora, non vedo una fine, ma una lunga strada da percorrere. Di quelle che nei film ti dicono: cammina, vai avanti, non ti voltare indietro per nessuna ragione.La tentazione di voltare la testa, pestare i piedi, è forte, fortissima, ma forse, tutto ciò che ora mi appare innaturale, poco alla volta sarà il nostro nuovo modo di vivere, che poi, per alcuni versi, da questa esperienza terribile, qualcosa dovremmo anche impararla.
Mai dare per scontato nulla, per esempio, nemmeno la più banale delle cose.
Non perdere mai occasione di abbracciare, baciare, dire ti voglio bene alle persone che amiamo.
Il ritmo lento della città in questi giorni, è un altro degli aspetti positivi di questo momento: non si corre, si cammina lenti. Fare la spesa, è diventato camminare lentamente, per respirare aria, sentire il sole in faccia, ma, devo dirlo, anche un incubo: quando entro in un supermercato, mi sento un ospite non invitato, non per la mancanza di cortesia del personale, anzi, ma perché la mia presenza lì dentro, può mettere a rischio la loro e la mia vita e di conseguenza, quella di chi più amo.
Stiamo però, forse, imparando a rispettare le file: quando da ragazzina mi hanno portato a Londra, mi ero stupita molto nel vedere come le persone alla fermata del Bus, stessero in fila, composte, senza spintonarsi, mentre da noi era tutto più caotico.
Ora siamo costretti a farlo.
Anche se non tutti miglioreremo, stiamo imparando che rispettare il prossimo, è anche un modo per rispettare noi stessi.
Sorridiamo con gli occhi, perché ora le nostre bocche sono coperte dalle mascherine, ci guardiamo uno con l’altro pensando: chissà come faremo, speriamo passi in fretta.
Ringraziamo, per lo meno io lo faccio ancora più di prima: ringrazio chiunque sia al lavoro per garantire alla mia famiglia e me, quello di cui abbiamo bisogno. Lo faccio poco prima di uscire: grazie di esserci.
Lo dovremmo fare sempre, ma adesso più che mai.
Le nostre vite sono cambiate radicalmente da un giorno all’altro.
È vero.
È tutto surreale, allucinante, pieno di dolore, ansia, timore.
Questo virus così eclettico, di cui conosciamo poco, così piccolo da non poter essere visto a occhio nudo, ma così micidiale, si porta via troppe persone e la nostra libertà.
Ci ridimensiona.
L’uomo che spavaldo si crede padrone del mondo, ha preso scacco matto.
La natura ci fa le pernacchie: giornate di sole caldo e cielo blu, animali che arrivano dove non avremmo mai immaginato di vederli.
La natura sta meglio, mentre noi stiamo peggio.
No, non so come sarà domani, ma se guardassimo davvero bene il presente e imparassimo da questo disastro, forse potrebbe uscirne qualcosa di buono.
Almeno, lo spero.