“Ma che bella Bimba! Ciao occhioni! Ohhh Che sorriso!”
“Oh, sì certo anche tu sei bello, sei il fratello maggiore? Come ti chiami?”
“NO!”. Muso imbronciato.
“Oh, come sei arrabbiato, guarda tua sorella che sorrisi che mi fa!”.
“Signora, è geloso della sorella?”
Ora ditemi voi, se foste il fratello maggiore, come vi sentireste?
Io molto arrabbiata e molto gelosa.
Di sicuro non aperta alla relazione con quella persona lì che, non solo non conosco, ma pure si rivolge a me come se fossi scemo e peggio ancora parla di me come se non ci fossi. In più penserei che quella lì, che di solito chiamano sorella, mi sta proprio antipatica.
Non so se per voi, qui mi rivolgo alle mamme bis, tris, ecc è così, ma spesso quando mi fermano per strada, questa è una scenetta tipica. La gente viene subito attratta dalla più piccolina, le fa i complimenti, si accorge che c’è anche Mattia, cercano di raddrizzare il tiro e fin qui tutto bene, ma poi, quando il duenne, un po’ arrabbiato perché non considerato se non in secondo tempo, un po’ geloso di suo, un po’ perché tipico dell’età, non risponde con un sorriso ai commenti della persona, questa subito, torna a parlare la piccola, che sì che fa proprio dei bei sorrisi, mica come lui, ed ecco la cosa peggiore: il paragone.
“uh che carattere solare ha Amalia, Mattia non sorrideva così alla sua età”.
Non è così. Mattia sorrideva eccome.
Adesso è solo un bambino che gestisce le sue emozioni come può e pure il poco tatto di certa gente, che pensa che solo per il fatto che sia piccolino, debba sorridere a comando, essere come “lo si vuole” in quel preciso momento.
Ma voi, non vi svegliate mai con il piede sbagliato? Per dirne una.
Sono sorella maggiore. Soffro da matti quando accadono questi momenti.
E allora, che si fa?
Personalmente, cerco subito di coinvolgere Mattia, ma se decido di coccolarlo, beh un po’ mi suona come premio di consolazione, che invece che alleggerire la situazione, la appesantisce sottolineandola, una cosa del tipo:” ti faccio le coccole, perché la signora/il signore considera più tua sorella di te.
L’atteggiamento giusto, allora quale è? Vi rispondo d’istinto: l’istinto stesso, ma non quello che mi farebbe rivolgere alla persona in modo non proprio carino, parlo dell’istinto verso il mio ometto. Di sicuro non obbligo mai Mattia a essere carino o gentile. Gli insegno l’educazione: si saluta, si dice grazie, prego, per piacere, ma non posso insegnare a mio figlio a fingere emozioni. Per tanto lo lascio essere arrabbiato, indispettito, geloso.
Fino a che la persona non si allontana, poi cerco sempre di fare qualcosa che lo renda importante, che lo metta in primo piano.
Questo è il mio modo e questo, per la prima parte della conversazione.
Passiamo alla frase:
“Signora, come l’ha presa? È geloso eh?”
Ci sono due cose che proprio non mi piacciono: quando si parla in presenza di un bambino piccolo come se lui non ci fosse, o peggio ancora, non capisse niente; e quando qualcuno si intromette con la tipica frase “vuoi una caramella?, quando mio figlio piange e urla perché arrabbiato, sta esprimendo il suo disappunto. Questa fa parte della prima categoria.
Che domande sono? Certo che è geloso! Voi non lo sareste?
Per farvi capire come può sentirsi Mattia, vi faccio lo stesso esempio, che ho trovato sul web, quando incinta di Amalia, cercavo informazioni su come gestire al meglio la situazione bis.
Immaginate che vostro marito o vostra moglie una sera arrivi a casa con un altro uomo o un’altra donna, non solo, che presentandovela vi dicesse:” da oggi lui/lei resterà per sempre con noi, devi accoglierla sorridendo, farle spazio, ho pensato che potesse essere un bel regalo per te, ti farà compagnia. Ah! Almeno per i primi tempi, dormirà con me…”. Certo. Dove è la pistola che vi sparo a entrambi?
Aggiungete a questo il fatto che davanti avete un bimbo di neanche due anni (quando è nata Amalia) che non ha ancora gli strumenti per comprendere quello che sta accadendo e la capacità di capire e gestire le proprie emozioni.
“Ah, è geloso…. Eh succede, poi gli passa…”.
Meno male che succede, meno male che mio figlio manifesta la sua gelosia verso la sorella, perché così lo posso aiutare. Mi viene in mente, a questo proposito, la parola “Reverie” che Bion usa per spiegare come la mamma abbia il compito di accogliere su di sé le proiezioni distruttive del proprio bimbo, al fine di elaborale per lui e di resituirgliele in modo che lui le possa tollerare.
Per spiegarvi cosa intendo, uso pure una metafora molto terra a terra: un po’ come quando si inizia a svezzare e la mamma sminuzza il cibo. Non dareste mai una bistecca intera a un bimbo di qualche mese no? Però questo non significa che non gli dareste la carne, semplicemente si cerca il modo di aiutarlo a mangiare la carne senza che si strozzi. Ora, ho detto carne a caso, poteva essere un qualsiasi altro alimento, il succo del discorso è semplicemente questo: aiutare i propri figli a gestire e tollerare le proprie emozioni e frustrazioni.
Se devo dirla tutta, per me è un qualcosa di molto difficile. Vi dirò anche che, quando, vedendomi con due bimbi piccoli, qualcuno mi chiede se sia dura, la mia risposta è solo questa: la parte più difficile, per me, è mantenere l’equilibrio giusto per entrambi. Specialmente ora che sono così piccoli ed entrambi hanno bisogno di me, anche se in modo diverso. Non mi preoccupa altro.
Perché poi, c’è anche il rovescio della medaglia: Amalia a neanche cinque mesi, mi ha fatto la sua prima scenata di gelosia verso il fratello. Ve lo posso assicurare, è stata chiarissima. Tendeva le braccia verso di me, piangendo come non mai. Perché è inutile che ti dicano:” eh! I secondi! È così che funziona!”. No, cari miei, non è giusto e lo dico, ripeto, da sorella maggiore.
Che colpa ne ha, Amalia se è arrivata per seconda?
Questo non le darebbe il diritto di essere presa in braccio, di essere coccolata, di ricevere le stesse attenzioni che suo fratello alla sua età ha ricevuto a sua volta?
Se per voi, la risposta è sì, sappiate che non sono d’accordo e che sto cercando in ogni modo di trovare il giusto compromesso. Compromesso. Qualcosa comunque, ad Amalia la tolgo. E’ anche vero che nemmeno Mattia ha “colpa” di essere il primogenito. E a dirla tutta nemmeno io. Il mio compito però, come madre, è quello di farli sentire amati incondizionatamente, trovando per ciascuno la giusta maniera.
E’ una strada che si trova percorrendola, ognuno a suo modo. Se cercate la formula matematica giusta, non la troverete.
La mia unica regola in tutto è quello che faccio con loro e per loro, è quella di osservare i miei figli, sempre, cercando di cogliere i loro segnali, i loro comportamenti.
Non potrò evitare a Mattia di essere geloso di Amalia quando la allatto e non potrò nemmeno smettere di allattare Amalia perché Mattia è geloso. Non potrò non coccolare Mattia, se Amalia protesta piangendo. Allo stesso modo non potrò dire ad Amalia dormi da sola in camera tua, se lei per ora ha bisogno di stare nel letto con noi (con Mattia ho fatto cosleeping uguale), ma non impedirei mai a Mattia di venire nel lettone anche lui, se lo desiderasse.
Tra i vari consigli, quando è nata Amalia, mi è stato detto di coinvolgere Matty nella gestione della sorella: cambio pannolino, vestirla ecc. Con noi non ha funzionato, perché il fratellone non ne voleva sapere. La chiamava bimba e appena poteva le infilava un dito in un occhio (siamo pure finiti dal dottore) e rispondeva un bel NO secco a ogni tentativo di coinvolgimento.
Non ho mai pensato che Mattia fosse cattivo, non l’ho mai sgridato nè messo in castigo. Ho sempre cercato di spiegargli che non si fa, di accogliere la sua gelosia, anche se spesso ci sono stata male ed ero seriamente preoccupata per l’incolumità di mia figlia.
Questo per i primissimi mesi. Poi Amalia ha incominciato a interagire sempre di più, un sorriso, un gorgoglio, tenere in mano gli oggetti, gridare contenta alla vista di una macchinina. Mattia ha incominciato a chiamarla per nome. In questa fase un po’ meno aggressivo. E poco alla volta a cercarla. Ha capito che lei fa parte di noi e l’altro giorno che è rimasto con i nonni e io ho portato Ami a fare i vaccini, al nostro ritorno mi ha detto che le era mancata.
Sono piccoli passi in avanti, all’interno di quella oscillazione fisiologica di sentimenti contrastanti che è l’ambivalenza. Ci sono momenti come questi e altri in cui per esempio, se mi distraggo un secondo, la morde, la spinge. Per non parlare dei giochi che le strappa continuamente di mano. Rispetto ai primi tempi, sono cambiata anche io.
All’inizio io per prima mi sentivo in colpa perenne verso Mattia.
Lui mi guardava come un fidanzato tradito. L’ho sorpreso spesso a guardarci di nascosto tutto triste, l’ho visto arrabbiato per tanti giorni, l’ho visto meno sorridente di prima, l’ho visto smarrito e io con lui.
Non capivo, guardando i suoi atteggiamenti, quale fosse il limite tra “l’avrebbe fatto comunque vista l’età” e “lo sta facendo perché non riesce a metabolizzare la presenza di Amalia”. E io, guardandolo con gli occhi della colpa e il cuore spezzato, confermavo questo suo comportamento.
Mi ritrovavo spesso a fare le cose di nascosto, per i primi mesi non parlavo quasi mai con Amalia, le sorridevo e la coccolavo chiusa in bagno mentre le cambiavo il pannolone. E la notte. La notte è tutta nostra ancora adesso.
E’ stato Simone un giorno che vedendomi in crisi per l’ennesima volta, mi ha detto che dovevo smetterla di sentirmi in colpa e di gestire uno e l’altro come se uno dei due non ci fosse stato. Mattia doveva accettare piano piano la presenza di Amalia. Ci voleva solo del tempo.
Poco alla volta, ho iniziato a coccolare Ami, davanti a Mattia. Poco alla volta sono tornata a essere me stessa. Un’altra cosa che ci aiuta molto é dedicarci un pò di tempo esclusivo, solo per Mattia e me: Una passeggiata, fare la spesa, giocare con le macchinine, una doccia insieme. L’essenziale é che sia esclusivo.
Non so se Mattia ancora mi ha perdonato. Non so nemmeno se per lui sarà un regalo unico e meraviglioso avere una sorella, come spero che sia.
So però, come stanno le cose adesso.
Ho sorpreso più di una volta, Mattia abbracciare e baciare sua sorella, farle vedere le sue macchinine, giocare insieme in mezzo ai Lego.
Li ho sentiti ridere per un quarto d’ora solo guardandosi.
Li vedo dormire abbracciati nel nostro lettone.
Vedo Amalia gattonare verso Mattia sorridendo.
Li vedo cercarsi con lo sguardo.
Ci vedo, piano piano, diventare una famiglia.
Ho percepito una complicità tra loro istintiva, naturale, unica che mi fa sperare di essere sulla buona strada.
A me spesso viene detto:”Ha, i secondi, non ti preoccupare che sanno arrangiarsi e vengono su da soli!”… Dunque dovrei abbandonarla nella giungla come Mowgli?
Sì, lo dicono spesso anche a me. Non ti dico appena nata Amalia. Con la frase “tanto lei non capisce ancora”, mi suggerivano evidentemente di dirle di allattassi e cambiarsi da sola….
Trovare l’equilibrio è molto difficile, ma di certo non è questo il modo per ottenerlo.