Quando avevo i miei figli nella pancia, ho creato per loro una parola chiave, una parola che mi servisse per fare ordine nelle mille foto che già avevo scattato nei mesi dell’attesa. A dirla tutta, possiamo definirle anche hashtag, perché l’idea è nata proprio mentre postavo qualche foto del mio pancione.

Un pò di esibizionismo lo possiedo no? Sennò non sarei qui a scrivere, non avrei quindi, un mio blog e nemmeno tutti i vari profili social a esso connessi.

#robadamatty e #abbracciAmi: le mie due parole precedute dal “cancelletto”.

Robadamatty è nato una mattina, mentre mi accarezzavo il pancione. Ero a gravidanza inoltrata. Il nome Mattia è venuto fuori subito, Simone lo aveva proposto e da lì non si schiodava. A me piaceva molto, ma non ero ancora convinta del tutto.

foto by A (Im)Perfect Mom
foto by A (Im)Perfect Mom

Il mio ragazzo nella pancia era già un terremoto, ricordo che quando si spostava sentivo un gran casino, non solo, si incavolava di brutto, quando sentiva la mia mano su di lui. Si agitava e mi tirava un calcione. Una mattina, io con gli occhi a cuore,  parlavo al mio cupcake (con mia sorella lo chiamavamo così, poverino! ) coccolandolo con la mia mano che andava su è giù su quello che, credo, fosse il so culetto. A un certo punto, come se si fosse stufato,  mi ha tirato un calcio pazzesco facendomi esclamare appunto, “roba da matti!”. Un modo di dire che calzava a pennello per mio figlio e lì, in quel preciso istante, decisi il nome per lui.

Sul nome Amalia, mai avuto dubbi: era perfetto, vintage, non consueto e niente era già di mia figlia prima ancora che la concepissimo! Amalia, mentre cresceva dentro di me, era più pacata, si muoveva, certo,  e forse la sentivo più di Mattia, si girava, non stava ferma, ma la cosa incredibile è che ogni volta che io la accarezzavo, lei mi seguiva con un piedino o una manina. Sentivo che a lei, le mie coccole tattili, piacevano eccome: ” abbracciami”, sembrava mi chiedesse ogni volta. Ovviamente ho giocato con il diminutivo di Amalia e “abbracciAmi” era perfetto.

foto by A (Im)Perfect Mom
foto by A (Im)Perfect Mom

Le mie due gravidanze sono state per molti aspetti simili, ma per altri totalmente diverse. Ciò che ha influito di più in questo senso, è stata una malattia, purtroppo terminale, del nonno paterno durante i nove mesi di Ami e sicuramente, il fatto che, a differenza della prima volta, al secondo giro avevo un frugoletto di 14 mesi da rincorrere qua e là.

La prima gravidanza una scoperta, una magia svelata di giorno in girono, la seconda decisamente più consapevole e anche se, apparentemente sembrasse il contrario, più goduta. Ero già mamma di Amalia, la conoscevo già. Non avevo un bambino immaginato nella pancia, la prima volta sai che sta crescendo il tuo bimbo dentro di te, ma personalmente averlo poi tra le braccia, è stata una sorpresa, un qualcosa di inaspettato.

Il colmo eh? Nove mesi di attesa e poi, la parola che mi viene da usare per descrivere il nostro incontro è “inaspettato”!

Mamma da prima ancora che uscissero quelle benedette due lineette, attenta a ogni singolo cambiamento nel mio corpo e nell’anima, per poi trovarsi la prima notte a casa a piangere come non mai, guardando quel frugoletto e chiedersi: “ma dove è il mio bimbo della pancia?“. Succede, è successo. Il bambino immaginato, doveva semplicemente far spazio al bambino reale, a Mattia, quello vero e non fantasticato. Che poi, se devo essere sincera, non so nemmeno cosa mi immaginassi.

Con Amalia questo non mi è successo, perché questa volta c’ero già passata, ero molto più consapevole che davvero dentro di me stava crescendo un bimbo: incredibile, le eco dalla ginecologa le capivo ancora prima che lei mi spiegasse, riuscivo a capire quale parte del suo corpicino si muoveva contro la parete del pancione, ho visto i suoi occhioni dentro di me, esattamente come poi sono stati fuori.

Amalia nel pancione, è stata esattamente la stessa Amalia che ho avuto nove mesi dopo, tra le braccia.

Se con Mattia passavo le giornate a parlargli, a fargli sentire musica, a riposare sul divano guardando mille serie tv, a fare meno sforzi possibile, a godermi ogni singolo momento, con Amalia non è stato possibile. E’ stato magico e meraviglioso, ma tutto è andato più veloce e le manifestazioni di affetto limitate. Se mi fossi messa a parlare troppo al pancione, Mattia ne avrebbe risentito. Non ero ancora pronta a gestirmi tra due bimbi. Soprattutto, non avevo tempo: allora il nostro modo segreto di coccolarci, di Amalia e mio intendo, era quello di accarezzarci attraverso il pancione. Ho sempre pensato e tutt’ora lo credo, che lei ami essere coccolata, abbracciata e che a sua volta le piaccia farlo, perchè il nostro “imprinting” nel pancione è stato questo. Sicuramente incide anche il carattere.

Foto by A (Im)Perfect Mom
Foto by A (Im)Perfect Mom

Oggi, che sono qui, entrambi ai miei piedi che giocano, uno quasi 3 anni e l’altra quasi 1 anno, posso dirvi che sì, già attraverso la pancia, attraverso i loro movimenti, io li ho conosciuti e quando li ho avuti tra le braccia, il nostro è stato un ri-conoscerci. La posizione in cui si addormentano, i gesti che fanno più spesso, sono i loro da sempre, da quando nuotavano inconsapevoli dentro quella piscina enorme.

 

 

 

 

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