Oggi guardavo la mia libreria di foto e ho una certezza:

i miei figli non riusciranno mai a guardare tutte le foto che ho scattato loro da quando sono nati.

Mattia non ha neanche tre anni, Amalia nemmeno ne ha ancora compiuto uno e in compenso, hanno più foto loro di Kate Moss nella sua carriera di modella.

So che i miei figli non riusciranno a vedere tutte le foto che li ritraggono, perché già io adesso dovrei prendermi almeno 24 ore per poterle vedere tutte con calma. Dieci scatti nella stessa posa perché, non si sa mai, non venisse la prima.

Fare ordine è per me impossibile. All’inizio creavo album dai titoli tremendi, cose del tipo: “facciamo colazione con le macchinine”; “Mattia e la sua prima costruzione di Lego Duplo” ecc. Adesso ci rinuncio, un pò perché il tempo è poco e la memoria del cellulari non abbastanza, un pò perché. a suon di scaricare tutto nel calderone, non ci capisco più niente. Ci sono le foto scattate da me con lo smartphone, ci sono quelle scattate con altri dispositivi e da persone diverse, inviate tramite bluetooth, scaricate in un cd, in una penna usb. Aggiungiamoci quelle postate su Facebook, Instagram. Ci sono quelle scattate da altri e mandate su WhatsApp che, a sua volta, crea due cartelle di immagini: le inviate e le ricevute. Quelle inviate potrebbero essere già presenti nella galleria del telefono, ma nel dubbio che faccio? Un’immenso album datato attualmente 2016, l’anno scorso 2015 e via tutto dentro. Avrò 15 mila foto, di cui almeno 2 mila doppie. Dico numeri a caso perché, secondo me, sono molte di più. Anzi, voglio essere precisa e vi dico ad oggi quante foto ho sul mio mac. Già dal tempo in cui il programma ci impiega ad aprirsi, – circa due minuti -, un’idea me la posso fare.

Ecco! Sono 40. 824 foto.

Mancano ancora quelle che ho sul telefono.

Perché tutta questa compulsione a fotografare e a fotografarsi?

Le nuove tecnologie. Grazie a smartphone sempre più sofisticati, non  hai nemmeno più bisogno di altro. Una volta era diverso: intanto dovevi avere con te la macchina fotografica, cosa che accadeva per lo più nelle occasioni speciali: compleanni, gite, viaggi, ecc., Serviva il rullino, con il quale comunque, se non erro, potevi fare circa 24 o 36 foto, Le dovevi poi portare dal fotografo a far sviluppare e stampare e, infine, riempire un album o una scatola dei ricordi.

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Adesso no. Adesso ti basta avere con te un cellulare, nemmeno l’ultimo uscito tra l’altro, e una memoria, interna o esterna che sia, capiente, molto capiente. Nel caso non bastasse ci sono servizi avanzati come iCloud, DropBox e via dicendo.

Tutto questo, un tentativo, peraltro vano, di fermare il tempo. Appiccicare il più possibile nella memoria. Non dimenticare.

Per questo motivo non riesco a smettere: qualsiasi nuova espressione facciano i miei figli, qualsiasi cosa nuova facciamo, ogni momento di vita quotidiana che mi suscita emozione, deve essere immortalato, per non perderlo negli anni che passano.

Eppure, un rischio grosso grosso c’è in tutto questo e ironia della sorte, è proprio l’esatto contrario dell’obiettivo che si vuole raggiungere: non dimenticare. Fermarsi a cercare il cellulare nella borsa immensa, lanciare l’app della fotocamera, invece, rischiano non solo di farti perdere tempo, ma proprio l’attimo da ricordare.

La vita di una mamma e dei suoi figli è fatta di tante “prime volte” e spesso più di una in un sol giorno.

Per esempio oggi, per la prima volta Ami è scesa con il sederino dal gradino del bagno, poi c’è stata la prima volta che ha detto “wow”.  Quella in cui Mattia mi ha strizzato l’occhio, quella in cui mi ha detto per la prima volta “mamma bella”. Oppure quando un mese fa ho trovato Amalia in cameretta che abbracciava una bambola e le diceva “ciao”. La prima parola dopo mamma: “ciao!”. Ancora, domenica Mattia, come è già capitato altre volte, era al pacchetto e si spingeva nella giostra, di quelle in cui ti siedi e in mezzo hai una specie di volante da girare. Ecco, proprio domenica scorsa ha fatto una cosa che non gli avevo visto fare mai:  girava veloce, seduto, con la testa reclinata all’indietro e rideva, gli occhi chiusi. Credo che il mio cuore si sia fermato per un attimo. Ho visto la gioia incarnata in un poco più di duenne. Pochi istanti dopo, giocava con altri bambini a rincorrere galline: l’ho visto correre da solo in un angolo e saltare tutto esaltato. Anche qui mi sono commossa: la genuinità dei sentimenti incarnata in un piccolo ometto. Ancora mi viene in mente la prima volta che Amalia, per caso, ha acceso la luce in camera nostra. La sua, un’espressione goduta, sorpresa e soddisfatta che mai scorderò.

Avolasca Mattia

 

Non ho foto di questi momenti, per lo meno non sul cellulare, non sul mac. Le ho tutte nel cuore e ora anche scritte nero su bianco. Non le posso dimenticare, sono foto di emozioni così grandi, che nessuna nuova tecnologia che l’uomo possa inventare, può immortalare.

Serve solo una cosa: un gran cuore dove custodirle per sempre.

 

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