Che ridere che mi fa, anche solo scrivere il titolo di questo post che interrompe il mio silenzio di anni su questo mio blog.

Uno scenario mondiale completamente cambiato dal giorno in cui ho aperto questo mio diario virtuale.

La pandemia, la guerra, la minaccia del nucleare e siamo qui a fare pensieri, anzi a scappare da pensieri che parlano di catastrofe nucleare, di possibili realtà che nemmeno nei film visti sul grande schermo avremmo mai pensato di dover affrontare sul serio.

Che sul serio, mi gira il cazzo a pensare di scomparire in una nuvola infuocata, perché lo ha deciso qualcuno come me per me. Non il fato, il destino, Dio o chi per lui. No, un altro o altri uomini affamati di chissà quale brama di mostrare al mondo (quale poi, se esplodiamo tutti in aria?) di avercelo più grosso di tutti. E si, che mi gira il cazzo.

Che per la prima volta, ho anche pensato: figli miei, dove vi ho buttato?

E in tutto questo la vita di tutti i giorni: che porca miseria se non diventa oro colato ogni singolo minuto vissuto di essa.

Persino la cosa che ti fa scappare di testa nella giornata più no della storia, diventa un’occasione, un’opportunità.

Che poi, lo è sempre stata.

Perché la vita scorre veloce.

Che banalità sto scrivendo e le scrivo, in un sabato mattina, ancora in pigiama, nascosta in mansarda della mia casa in campagna. Immersa nell’autunno, dopo aver sclerato con i miei figli.

La scuola è iniziata da quasi un mese e io non ho ancora alzato la testa per guardarmi davvero intorno. A testa bassa, vado avanti come un caterpillar: le mio giornate procedono come i livelli di un videogioco. Ho appena affrontato quello di un filo di lana arancione da portare per lunedì.

Inspira e Respira, Sii grata e vivi il presente

Prima c’era il materiale per l scuola, i fogli a quadretti da 5.5mm con i buchi, catechismo, sport, la riunione.. ogni giorno un livello nuovo, misto a quelli vecchi del: lavare, stirare, cucinare, la spesa ecc

No, non mi sto lamentando, sono invece grata di aver tutto questo.

Quello su cui sto scrivendo è un’altra cosa ancora: riguarda il punto di vista, la prospettiva da cui voler affrontare ogni livello.

Se, come sto facendo io in questi giorni, in totale apnea, con il pepe nel sedere, o se, respirare profondamente e rallentare.

Secondo il mantra: una cosa alla volta.

Sono tornata a scrivere, non so nemmeno io bene di cosa. Di me, come sempre. Di me che mi metto a giudizio e mi giudico come mai mi permetterei di giudicare una persona, un’amica, un famigliare.

Che stronza che sono.

Mi giudico e non mi do possibilità di cambiare.

Come la lettera scarlatta, indelebile.

Non è così. Io lo so.

La mia pancia ancora non ci crede.

Vado avanti inseguendo un mio ideale di mamma perfetta che è sempre più ampio. Che se mi sdoppiassi e mi guardassi e ascoltassi come terza persona, se mi vedessi e mi ascoltassi come di ascolta un’amica, mi direi: ma sei matta? Va bene così. Ti giuro, Fede, va bene così. Anzi, come si suol dire:”anche meno, Fede!”.

Che poi, qualcosa verso questa prospettiva la sto anche facendo: in questi due anni di silenzio, ho iniziato a praticare yoga, a fare della prospettiva vivi il presente, la prospettiva della mia vita.

A sgomitare per mantenere i miei confini, lasciando fuori tutto il resto. Solo per qualche tempo durante la mia giornata. Che quante volte, ho pensato, dovrebbe durare 48h. Le seconde 24 ovviamente, tutte per me.

Ho iniziato a ricordarmi di prendere contatto con l’energia che ci circonda, con quella che mi anima, che mi appartiene. In uno scambio reciproco.

A volte ci riesco, altre volte come oggi, per niente.

In ogni caso, sono grata. Sono felice.

Si va avanti.

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