Ieri mattina, come tutte le mattine, ho aperto il mio armadio con la solita domanda in testa :

cosa mi metto?

Già cosa mi metto? Del resto ho solo 5 gonne nuove, 6 paia di jeans, 3 vestiti… vado avanti?

Non credo ce ne sia bisogno.

Eppure ogni santa mattina la domanda è quella. La sensazione che rimane, è di qualcosa che manca e alla prima occasione, bisogna rimediare. 

Tradotto in altri termini: shopping compulsivo.

Ho l’armadio che scoppia, che quando apri un’anta rischi di venire preso a calci dall’ennesimo pantalone, eppure ogni mattina “non ho niente da mettermi”.

Cambio di scenario.

Poco più tardi, sempre ieri mattina, riordinavo casa: macchinine, bamboline, lego.

Quanti giochi hanno i miei figli?

Troppi.

Eppure, non si perde occasione per comprarne di nuovi. Al punto che, alcuni giorni, faresti dei sacchetti e ne butteresti via tanti.

Certo, per fare spazio a quelli nuovi, perché di nuovo, alla prima occasione si farà shopping.

Abbiamo troppo. E non ci basta mai

A me non bastano mai vestiti, scarpe, borse.

Ai miei figli, per ora, macchinine, lego, bambole, ecc.

La cosa assurda è che, per esempio, nel mio caso, siccome Ami è ancora troppo piccola, quando entriamo in un negozio di giocattoli, non accenna a nessuna preferenza: si guarda in giro, ride, ma poi alla fine, non vuole nulla.

E a noi, suo padre ed io, quasi quasi dispiace., uscire a mani vuote. Possibile che non voglia niente?

Sì, è possibile e non solo, è bellissimo, perché ci sarà tempo per desiderare.

Così mi chiedo: il giocattolo è per i miei figli o anche per la bambina che è in me?

Forse, sto cercando di appagare quei desideri “sospesi” della mia infanzia

Perché ci sono.

Ricordo come fosse oggi, una bambolina di plastica dai capelli fucsia. Era di una mia compagna delle elementari. Mi piaceva così tanto. Me l’aveva imprestata per qualche giorno, poi gliel’ho restituita.

Assomigliava tanto alle Polly Pon di oggi, (vedete come sono sul pezzo?).

Ogni volta che entro in un negozio di giocattoli, ne comprerei una per Amalia. Lo stesso con le Barbie e con i Mini Pony.

Allora forse, si che ho ragione.

Così, tra armadio e sacchi di giochi, ragionavo.

Ragionavo di quanto spesso i nostri comportamenti siano diseducativi: una volta per appagare il bimbo o la bimba che sono in noi, altre per stanchezza/sopravvivenza.

Prendiamo Tv e iPad. Io l’ho sempre detto e ammesso: se ho bisogno di tempo (per cucinare, scrivere, lavorare), sono sola a casa con entrambi i miei figli, chiamo a rapporto tutti: Tiger, George, Peppa, chiunque.

Inizi pensando: una volta sola che sarà mai… poi recidiva, pensi vabbè dai mica succede niente se…

E invece, succede che stai creando un bisogno ai tuoi figli che forse, ancora per un po’ di tempo, non avrebbero avuto.

Mea culpa.

Lo stesso con i giochi, lo stesso con qualunque altra abitudine che quasi senza pensarci, creiamo nei nostri figli.



Diseducativi per stanchezza

Alzi la mano chi a volte, non blocca un’azione dei propri figli, perché sa che se lo facesse, dovrebbe affrontare l’apocalisse: mezz’ora di rotolamenti per terra, urla, pianti… e tu, che magari sei in ritardo, hai una giornata no, ecc. non ce la puoi fare.

Così lasci correre. Una volta ogni tanto, pensi, se anche mangia le patatine prima di cena, se anche lo lascio pasticciare, se anche…

A me succede un sacco di volte. Metto il pilota automatico, pur di finire il lavoro che ho da fare, pur di riuscire a preparare la cena, lascio che i miei figli siano a briglia sciolta: basta che non siano in pericolo, è la sola regola che mi do.

Così come altrettante volte, le passo ripetendo all’infinito, di grazie, buonasera, buongiorno, non si mettono le dita nel naso, si sta seduti composti a tavola, non si mangia prima di cena, a letto presto….

Eppure come sempre, fai meno fatica a far imparare in tempo zero le cose che non andrebbero fatte, mentre ci vogliono anni di pazienza e costanza per educare bene.

Un esempio? Le parolacce.

Sono certa che se chiedessi a mia figlia di ripetere: “vaffanculo cazzo” (scusate, è un esempio) lei lo farebbe perfettamente, sapendo pure connotarlo correttamente in una frase.

Non sarebbe la stessa cosa con la parola elicottero. Per dirne una a caso.

La parolaccia verrebbe detta come a una lezione di dizione e pure ricordata nei secoli de secoli.

E quindi?

E quindi niente: essere genitori e crescere figli educati e per bene, non è per niente cosa semplice.

E Come cantava Lucio Dalla

Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale

2 commenti

  1. Adoro la conclusione! Cerchiamo di fare il nostro meglio, ma siamo persone normali, non abbiamo super poteri quindi già destreggiarci tra le mille attività quotidiane è tanta roba!

    1. Non so perché, ma mentre scrivevo, mi veniva da fischiettare quella strofa. Ed è vero, caspita! Con i ritmi che si devono tenere oggi, è davvero difficile mantenersi in modalità Mary Poppins e nel mentre, lavorare e gestore casa. Io proprio non ce la faccio e mai, come in questo periodo ne sto subendo le conseguenze. Allora, ho tirato il freno a mano. Sono umana e quindi, faccio del mio meglio con la speranza che si possa sempre fare di meglio.
      Grazie per avermi dedicato un tuo pensiero, Anna!

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