Vi sarà capitato tante volte: siete al parco, i vostri figli giocano tranquilli, fino a quando arriva un altro bimbo che vuole la macchinina abbandonata lì per terra da uno di loro.

Non appena quella manina “sconosciuta” si posa sul giocattolo inutilizzato, l’apocalisse; urla, pianti e infine, la famosa frase:

è mia!

Da parte nostra, dei genitori intendo, si fanno alcuni tentativi di convincimento, del tipo “dai amore fai giocare il bimbo, tu l’hai sempre, lui no. Ci gioca un pochino e te la rida. Anche tu stai giocando con i gessetti di Andrea, no? Lui te li ha imprestati”.

Risposta:

È mio è mio è mio è mio nooooooo.

Tentativo di condivisione inesorabilmente fallito.

Da adulto, ti spiace proprio per quel bambino, ma se ci pensiamo, anche per nostro figlio non è semplice.

Condividere. Vi sembra una cosa facile?

A me no, per niente.

Io sono gelosa delle mie cose. Il mio, un vero e proprio investimento affettivo. Ci sono oggetti che non impresterei mai e poi mai: l’ultima borsa acquistata, il caricabatterie dell’ iphone (si, lo so è terribile).

Quando invece, riesco a farlo, “Pietro torna indietro” suona quasi come una minaccia.

Ci sono alcuni oggetti poi, che, ditemi se non è vero, nonostante tutto, difficilmente tornano. Una su tutte?

I libri!



Ecco, è questo il punto:

“se te lo do, poi tu me lo ridai?”

È stato Mattia a farmici riflettere.

Negli ultimi tempi, infatti, grazie alla crescita e all’asilo, è capitato che di sua iniziativa imprestasse la sua adorata bici a un amichetto venuto a trovarci in campagna. Prima però, mi ha chiesto: “mamma se glielo do, poi me lo restituisce vero?”.

Cambio di prospettiva.

Allora è qui che bisogna lavorare:

Far capire ai nostri figli che condividere con il prossimo, non vuol dire perdersi nel prossimo. Che imprestare la macchinina, la bici, un gioco qualsiasi, non vuol dire perderlo per sempre o che non è più di loro proprietà.

Consideriamo poi, l’età. In genere questa fase, quella del “è mio”, si presenta dopo il primo anno di vita.

Consideriamo anche che, da quando nascono, tutto è volto a farli diventare autonomi. Dalla simbiosi materna, all’indipendenza. Dal sentirsi indistinto dalla mamma, al sentirsi altro da lei. Ecco si arriva a questo con fatica, e proprio nel momento in cui loro stanno imparando ad affermare il loro io, noi gli chiediamo di condividere qualcosa con un altro bambino.

Se questo altro bambino è pure un fratello o una sorella, capite bene che non è cosa semplice.

Allora come la si insegna la condivisione?

A mio parere, con l’esempio e tenendo in considerazione sempre, il punto di vista dei nostri piccolini.

Per noi è difficile accettare che, per un certo periodo, i nostri figli non vogliano giocare con altri bimbi, imprestare loro un gioco. Perché per noi, che oramai siamo completamente assorbiti delle regole sociali, è una brutta figura che facciamo. Non è bello.

Vi prego, ditemi se non vi è mai capitato di giustificarvi o chiedere scusa all’altro genitore, quando vostro figlio si sta rotolando per terra perché non vuole dare un gioco (che ovviamente stava ignorando) a un altro bimbo.

Si, io penso che ci sia anche questo.

Il nostro problema, il problema dei grandi intendo, è che ci scordiamo di tornare bambini, anzi di trasformarci in bambini (per assumere la prospettiva giusta) consapevoli (per aiutarli, grazie alla nostra esperienza, a crescere).

Bisognerebbe invece, dare tempo ai nostri piccini per capire. È vero, ciò che è mio, è mio. Il passo successivo peró, Aiutarli a comprendere che anche qualcosa di nostro, può essere condiviso con il prossimo senza però, perderlo. Non solo, a provare la gioia che procura l’essere con l’altro.

Senza cedere alla tentazione di esclamare, ( mi è capitato spesso di sentirlo dire): “allora la prossima volta, Caio non ti impresterà più niente, vero amore?”.

 

2 commenti

  1. Articolo super interessante! Anche se (ancora) non sono mamma, mi piace informarmi per avere l’illusione di essere preparata quando arrivera’ il momento di diventarlo. E il concetto della condivisione, di rinunciare a qualcosa per lasciare che sia qualcun altro a beneficiare, credo che sia molto importante.

    Lo osservo soprattutto quando mi capita di viaggiare nei paesi in via di sviluppo: e’ molto raro vedere bambini litigare per un determinato oggetto, per una determinata cosa. Tutto e’ di tutti, per questo va protetto e trattato con cura. Siamo forse noi da questa parte del mondo a essere abituati troppo bene e a dover imparare a gestire il nostro ego. Ottimo spunto, grazie!

    1. Ciao! Intanto grazie a te per essere passata di qui e soprattutto per aver lasciato il tuo pensiero! Capisco quando dici di voler avere l’illusione di essere preparata, anche a me capitava. Poi diventi mamma e niente improvvisi alla grande😛 È vero però, che portare l’attenzione prima su alcuni aspetti aiuta a “imboccare'” la prospettiva giusta. Vedi, invece, a me manca la prospettiva della viaggiatrice. Sono convinta che il confronto che hai fatto con i bimbi degli altri Paesi, ti sarà prezioso quando sarai mamma. Hai ragione, la nostra società ha troppo. A volte siamo proprio noi genitori, la pietra dello scandalo. Bisognerebbe ridimensionarci un po’! Grazie a te, allora, per lo spunto che hai dato tu a me!

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