La vita è questione di prospettive.
Lo dico spesso, oramai lo sapete. Me lo ripeto ogni giorno e, sempre, quando anche mi sento giù o qualcosa mi fa stare male, cerco di muovermi verso una prospettiva migliore. Un po’ la solita storia del vedere il bicchiere mezzo pieno.
La vita è questione di prospettive: alcune le aspiri, altre le eviti come la peste, altre ancora le cerchi. In altre ti ci trovi buttato in mezzo, ma non avresti mai voluto finirci.
In alcune ti ci trovi e ti servono per capire la prospettiva di altre persone.

Puoi essere empatico quanto vuoi, predisposto ad accogliere l’altro, a metterti nei panni di, ma alcune situazioni le comprendi davvero quando le provi sulla tua pelle. E ahimè, non sempre si tratta di panni puliti e belli.

La mia prospettiva di questi giorni, combacia con quella della mia mamma. Una donna positiva, carica di energia, autonoma, entusiasta della vita, piena di amore più per il prossimo che per se stessa. Una donna la cui vita è stata segnata da un incidente domestico, un banalissimo incidente domestico, che le ha rovinato la vita. 29 interventi tra gambe, spalle e braccia.

Ricordo più le volte in cui l’ho vista a letto o muoversi con le stampelle, di quelle in cui si muoveva libera, padrona del proprio corpo. Un dolore, il suo, sempre presente in ogni giornata da quel maledetto giorno dell’86.

Il dolore.

Ho sempre pensato al suo dolore come quasi esclusivamente un dolore fisico. Crescendo ho iniziato a pensarlo anche come un disagio psichico: la tua mente farebbe cose che il tuo corpo non riesce a fare. La tua volontà ti spinge comunque, al limite, ma poi devi fare i conti con il dolore. Questo più o meno in poche parole, il loop entro cui mia madre si muove tutt’oggi. Senza contare l’obbligo a portare solo un certo tipo di scarpe, il non poter scegliere se mettersi i tacchi oppure no.
Sono fortunata, per carattere e grazie al suo esempio, sono una donna che non ha paura di sbrigarsela da sola. La spesa me la porto a casa anche senza macchina e senza ascensore. Difficilmente mi metto a letto. Sono un tipo accentratore, quasi totalmente incapace di delegare.
In questi giorni, a seguito di una brutta caduta, un ginocchio ha iniziato a farmi male, al punto che per la prima volta da quando sono mamma, devo fare i conti con un limite fisico. Sono triste, ho proprio un magone dentro. All’inizio lo imputavo esclusivamente al nervoso per non essere performante come al solito, alla paura di essermi lesionata qualcosa. Al fatto di non poter fare le cose come le faccio ogni giorno, soprattutto con i miei figli. Poi ho capito che quel mal di pancia, quel malumore che sento, non è dovuto solo a questo.

La mia prospettiva è diventata quella della mia mamma.

Chissà quante volte si sarà tormentata per non poter fare con me e mia sorella, tutte le cose che avrebbe voluto. Chissà quante volte si deve essere sentita triste, inadeguata, per non poter esserci al 100%. Chissà quante volte, ci avrà risposto in malo modo, si sarà arrabbiata più del dovuto, semplicemente perché logorata da un dolore fisico incessante.
Chissà quante volte si sarà sentita in colpa. Chissà quante volte è stata costretta a chiedere aiuto, quando in realtà avrebbe voluto farcela da sola. Perché un conto è alzarsi e prendersi ciò che si vuole, un conto è doverlo chiedere continuamente a qualcuno.
Chissà quante volte avrà finto che tutto andava alla grande, invece non andava bene per niente.
Chissà quante volte ci avrà visto fare, quando lei avrebbe voluto fare insieme a noi.

Perché io in questi giorni mi sento così: perdo la pazienza facilmente, mi viene da piangere perché vorrei caricarmi Amalia in fascia e con Mattia e Simo andare a fare una bella passeggiata in montagna. Mi innervosisco perché con la mente sarei chissà dove, invece che seduta qui con il ghiaccio sul ginocchio.
Il limite e la paura.
La paura. La paura che non passi, che mi debba operare.

Quante volte l’avrà provata la mia mamma? Almeno 29, lo so per certo.

Ecco. Fino ad oggi, ho compreso mia mamma da figlia.
Ora la comprendo da mamma e da mamma e figlia ora, posso dirti, cara mamma che sei una donna meravigliosa.

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